lunedì, settembre 10, 2007

Iraq, il giorno della verità

Ci siamo. Dopo otto mesi di surge oggi il generale David Petraeus, comandante delle forze della Coalizione in Iraq, testimonierà davanti al Congresso sull' operato suo, di 170mila soldati americani, 250mila iracheni e un 'intero popolo che cerca di sfuggire alla violenza e all' oppressione.

Quello che dirà avrà conseguenze enormi. Petraeus è considerato il più brillante dei generali; flessibile, svelto, il suo motto è " Forza fisica e mentale sono essenziali per la leadership. E' difficile comandare il fronte se sei nel retro della formazione". Ed è vero, tanto che ha dimostrato spesso una gran faccia tosta a presentarsi per le strade irachene, in mezzo ad un' accoglienza generalmente calda della gente, in situazioni pericolose nelle quali tutta questa leadership poteva essere terminata da un kamikaze o da un buon cecchino. Un uomo di comando bravo nella fase di combattimento quanto in quella che viene dopo, fattore fondamentale in Iraq. Un generale americano di vecchi valori ma di nuove abilità.
E in due giorni questo pezzo d' uomo girerà per il parlamento statunitense, dicendo cosa si è riusciti a fare laggiù, se ci sono stati progressi, quali sono i problemi, cosa ne pensa chi è più vicino al fronte insomma. E quel che dirà interesserà l' opinione pubblica e di conseguenza i politici americani, perchè se il buon generale e l' ambasciatore Crocker che lo accompagnerà saranno ottimisti allora molti parlamentari e soprattutto candidati alle presidenziali dovranno agire di conseguenza. I Repubblicani, a quanto si è sentito dal debate del New Hampshire di ieri, hanno già investito sul funzionamento del surge. I democratici sono incerti e dovranno trovare un modo di cavalcare il cambio di cose in Iraq. In generale l' opinione degli interrogati influirà sul futuro della guerra, sul ritiro o no delle truppe, sull' andamento della guerra globale al terrorismo in modo enorme.

Ma vediamo cosa potrebbe dire Petraeus. Arrivò al comando supremo in Iraq in Gennaio, in un paese che però conosceva già bene, trovando una situazione di poca confidenza nella vittoria. Grandi parti del paese erano in mano alle milizie sunite o sciite, la violenza era dilagante, le forze della Coalizione sulla difensiva. Bush cercò di metterlo nella situazione di lavorare al meglio, inaugurando una nuova strategia, un aumento molto faticoso di truppe, misure non solo militari ma anche economiche e politiche. Il Generale, grande organizzatore, si mise subito al lavoro. La sua strategia era nella teoria semplice e si basavo sul controllo del territorio:
1) Ripulisci una zona da terroristi, milizie o comunque malintenzionati con uso di forze sia americane che irachene
2) Stabilisci basi in quelle zone per evitare che una volta mandati via i cattivi non ritornino
3) Coinvolgi la popolazione locale, con il presupposto che la tua presenza sia un vantaggio anche per loro, e stabilisci ottimi rapporti
Tutto è partito a Baghdad, dove la strategia è stata applicata la prima volta per ripulire molti bellicosi quartieri. Nella capitale ha funzionato, anche se non al 100%, e ha ridotto di molto la violenza. E' venuta poi la volta dei territori vicini e come un cerchio che si allarga le forze americane e irachene hanno cominciato a grattar via i terroristi da zone sempre più ampie, spesso ottenendo il favore della popolazione che non ne poteva più, soprattutto degli stranieri di Al Qaeda. Molti gruppi che due anni fa attaccavano gli americani oggi combattono i terroristi al loro fianco, in primo luogo nelle zone sunnite di Al Anbar e Diyala.
Questa strategia ha permesso di aumentare la sicurezza, gli attentati sono calati di molto, in un processo che alla fine coinvolgerà, si spera, tutto il Paese. Al Qaeda è costantemente attaccata e adesso riesce ad agire solo nelle zone esterne, a nord della provincia di Diyala appena ripulita. L' esercito del Mahdi, la formazione sciita di Moqtada al Sadr, è spezzata grazie al paziente lavoro della diplomazia e delle armi. Una parte di essa, chiamata "nobile", si è avvicinata al governo. Un' altra si è sciolta in piccoli gruppi militari. Un' altra ancora si è legata all' Iran e agisce su sua commissione come in libano Hezbollah, ed è quella che viene colpita dalla Coalizione al momento. Al Sadr dal canto suo non sembra sapere cosa fare. Certo, tutta questa gente può ancora mordere e lo fa, ma di sicuro è meno letale.
Il punto più preoccupante è quello politico: malgrado i successi militari, la classe dirigente irachena non ha ancora trovato un accordo su punti fondamentali come la Costituzione, la legge sul petrolio e altre. Inoltre il governo di al Maliki sembra troppo debole e anche vicino all' Iran. Si spera che con le dovute pressioni le cose si muovano.

E ora vado. Dicono che alle sei oggi ci sarà una delle più grandi battaglie del buon Petraeus.

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