lunedì, maggio 28, 2007

Caos Pakistano

Il Pakistan è stato negli ultimi anni terra in bilico fra l' islamismo estremista e la linea più laica e nazionalista del presidente dittatore Musharraf, che negli ultimi anni è riuscito a tenere il paese dalla sua parte. Ultimamente si sta spostando invece verso il caos, trascinato dalle forze che sempre lo hanno minacciato. Il potere del presidente si sta affievolendo, sta perdendo la sua battaglia contro gli islamisti. Il problema è che il Pakistan è coinvolto in molte situazioni calde mondiali, quindi una sua caduta provocherebbe naturali reazioni a catena. Prima di tutto, l' Afghanistan. Gli stessi Talebani sono la scintilla che potrebbe infiammare il Pakistan. La zona al confine è stata rinominata Talebanistan perchè quelle terre, prima controllate dalle tribù e sfuggenti alle forze dello Stato, ora sono allo stesso modo sfuggenti ma in mano ai guerriglieri islamici che le usano come basi per i loro attacchi contro la Coalizione in Afghanistan. Gruppi di uomini armati, e una curiosa unità di donne armate di manganello, esce dalle moschee per imporre la sharia. I negozi di CD e video vengono bruciati. I cristiani costretti alla conversione all' Islam o alla morte. Un brutto film già visto. Il potere del Presidente è pressapoco uguale a zero: sembra anzi diventato timido e debole, tanto che è più che altro tenuto in ostaggio dai talebani, che minacciano di scatenare offensive terroristiche in tutto il Paese. Basta quindi, e probabilmente succederà, che provino a spingere ulteriormente e il governo potrà crollare anche sotto la spinta dei gravi dissidi interni al paese, come la vicenda della deposizione del capo della Corte Suprema che ha causato rivolte e morti.
Se il Pakistan davvero cadesse? Sarebbero grossi problemi. Ci troveremmo prima di tutto con un territorio enorme fuori da ogni controllo che terroristi e guerriglieri potrebbero usare per operazioni su scala mondiale, prima di tutto per spingere sull' Afghanistan. Questo imporrebbe una qualche forma di attacco da parte della Coalizione per evitare di avere un altro stato talebano pochi chilometri più in là, attacco che però è reso difficile dall' uso già intenso a cui sono sottoposte le forze americane. Si avrebbe poi un arsenale nucleare nelle mani sbagliate, un possibile intervento dell' India, un vero incendio nella regione. E' difficile francamente vedere una soluzione al problema: la caduta del Pakistan è causata da forze che sono cresciute nel tempo e hanno piantato fondamenta stabili. Se avvenisse potrebbe cambiare di molto i giochi nella zona.

martedì, maggio 22, 2007

Decadenza politica (o la Casta)

D' Alema l' altro giorno ha lanciato, con abile tempismo, l' allarme. Oggi si accorge che in realtà gli italiani non hanno più fiducia nei propri "rappresentanti". In concomitanza con questa intervista esce un libro di Gian Antonio Stella chiamato "La Casta", che riferendosi alla classe politica italiana, centra perfettamente il bersaglio. Così oggi il 70% di noi dice di non apprezzare più chi sta in Parlamento. I motivi non sono difficili da trovare.

Prima di tutto, la distanza di chi governa dai veri problemi di chi vive. Ci sono spesso casi in cui problemi marginali, vedi ad esempio la querelle sui Dico, hanno la meglio nel dibattito politico su rifiuti in Campania, crimine, tasse, degrado, che penso siano molto più importanti. Dobbiamo questo problema, ad esempio, all' incapacità di intraprendere grandi battaglie contro grandi problemi per concentrarsi sugli inutili dettagli, difetto molto italiano, oppure alla distanza che la Casta pone fra se e il resto del mondo. Chi viaggia tutto il giorno in autoblu, vive con guardie del corpo e ha tanti altri privilegi riesce raramente a percepire i problemi di chi rimane imbottigliato sulla tangenziale o ha paura a camminare in alcuni quartieri la sera.
Seconda cosa, le lacune degli uomini. Spesso lasciano deluse proprio le qualità umane del politico, prima di tutto la mancanza di coraggio e l' eccessiva ambizione, la renitenza a uscire dalle righe, a rischiare tutto, la mancanza di valori che non siano a scopo elettorale. Si vedono pochi grandi uomini al comando, probabilmente perchè il Sistema non permette la loro ascesa. Un uomo, anche di buoni ideali e gran carattere, che si mette in politica entra in un mondo di interessi risse e gelosie che o lo trasforma in un suo perfetto abitante o lo scarta.
Terza cosa: la staticità. L' anno scorso gli italiani hanno tristemente assistito a un duello elettorale fra due candidati settantenni, riedizione di ciò che era avvenuto dieci anni prima. Conferma del fatto che le cose nella politica italiana sono lentissime a cambiare, che c' è renitenza a scegliere il nuovo, la gente è sempre quella. Ed è vecchia. Lasciando stare il fatto che Berlusconi è un giovane dentro, vediamo sempre la stessa gente e come noi loro invecchiano, mentre i giovani sarebbero Veltroni (52 anni) e Fini (55). Con questo non critico direttamente le persone, me la prendo con il Sistema, per il quale sono colpevoli tutti. Penso che un Veltroni o un Fini si sarebbero volentieri seduti a Palazzo Chigi anche quando avevano i capelli più scuri.
Vogliamo aggiungere altro? Come la mancanza di idee? Qual' è il movimento politico che ha lanciato grandi ideali dal primo Berlusconi? Nessuno. Non si vede un futuro, uno sbocco. Sintomo di tutto ciò è la crisi dei grandi partiti. A destra Forza Italia sente tutti i limiti di un partito con un uomo in testa che prende le grandi decisioni e una miriade di frammentazioni e piccoli interessi man mano che si va in basso, An fatica a seguire le svolte ideologiche del suo leader, mentre a sinistra DS e Margherita devono trovare qualcosa in comune per fare il Partito Democratico. Godono gli estremisti, che con il loro populismo attirano molti scontenti.

Queste sono alcune delle cause della poca fiducia che gli italiani hanno nei propri politici. Sembrano e forse sono populistiche, probabilmente perchè è quello che pensa proprio il popolo. E non possiamo sperare molto nelle nuove generazioni: in esse la delusione e anche il disprezzo verso i politici è endemica, molti miei coetanei non vedono più in Italia un futuro, una sicurezza. Recuperare una cosa del genere è un lavoro duro, e da queste parti il lavoro duro lo apprezzano in pochi.

mercoledì, maggio 16, 2007

Aggiornamento Iraq, seconda puntata

Non sembrerebbe, ma in Iraq succedono un sacco di cose. Anche se in tv si sentono sempre le stesse notizie (attentati – congresso contro Bush – attentati – ritiro) la situazione si sta evolvendo. Proviamo allora a stendere la seconda puntata dell' Aggiornamento Iraq, saltuario riassunto di ciò che succede in quel paese straziato.
Vediamo la situazione generale. A Baghdad il piano di sicurezza sta dando risultati. Come ho già scritto nell' articolo precedente, la città che primo pullulava di quartieri in preda a milizie e terroristi è stata ripulita in molte sue parti e adesso gli estremisti colpiscono quasi esclusivamente con autobombe in luoghi popolati, riuscendo a infilarsi nelle maglie della sicurezza. E' fuori dalla capitale che al momento si svolge la maggior parte dell' azione: precisamente, le truppe della Coalizione insieme a quelle irachene stanno colpendo le province sunnite di Anbar e Diyala per cercare di sgominare Al Qaeda, principale autrice degli attentati, dove è più forte. Qui abbiamo due ottime notizie; i sunniti in Anbar si sono uniti nell' Anbar Salvation Council, un consiglio delle maggiori tribù rivoltatesi agli opprimenti terroristi, che in quelle zone si sono imposti con la paura sulle popolazioni. Questa nuova formazione, alleata con la Coalizione, ha riscosso importanti successi contro Al Qaeda e negli scorsi giorni ha persino annunciato di aver ucciso Abu Ayyub al Masri e Abu Omar al Baghdadi, il capo dei terroristi in Iraq e quello dello Stato Islamico dell' Iraq, insomma i due maggiori pezzi grossi di Al Qaeda nella nazione. Più tardi si è scoperto che al Masri è in realtà vivo, mentre ci sono dubbi su al Baghdadi, dal momento che la sua identità non è chiara e il suo potrebbe essere uno pseudonimo. Sono stati comunque catturati o uccisi in Anbar molti terroristi e resta il fatto che l' Anbar Salvation Council, gruppo di sunniti, sta battendo al Qaeda, cosa impensabile fino a poco tempo fa. Inoltre gli stessi individui hanno fondato anche una forza politica, l' Iraqi Awakening (risveglio dell' Iraq) che va ora a fare concorrenza all' altro partito sunnita, l' Iraqi Islamic Party, con posizioni più laiche e più lontane dagli estremisti.
Ispirati da queste notizie anche i sunniti di Diyala si sono uniti con il nome fantasioso di Diyala Salvation Front, intenzionati ad agire come i loro cugini di Anbar e liberarsi di Al Qaeda. Sembra che le tribù sunnite, dopo un iniziale appoggio dato ai terroristi, abbiano deciso di cambiare fronte in seguito alla ferocia con la quale questi cercavano di imporsi e all' idea che prima o poi la Coalizione l' avrebbe spuntata su di loro. Ma di questo naturalmente non si sente nulla al telegiornale.
Nel frattempo le forze della Coalizione si sgolano per dimostrare – come se ce ne fosse ancora bisogno – il coinvolgimento dell' Iran nella violenza irachena. Esistono canali di movimentazione di armi ed equipaggiamento fra i due paesi ed è ormai certo che l' Iran aiuti non solo le milizie sciite ma anche i terroristi sunniti. Ogni giorno vengono importate bombe da usare come trappole con la tecnologia EFP (Explosive Formed Penetrator) particolarmente efficaci contro le corazze dei veicoli. Tutto questo aggrava i rapporti fra Stati Uniti e Iran, e il rapimento dei marines britannici non è stato che un episodio di una guerra fredda la cui conclusione non è assolutamente chiara. E' innegabile infatti che gli Ayatollah siano sponsor della violenza in Iraq: c' è il traffico di armi, l' uso delle forze speciali Qods contro la Coalizione, l' attività dei servizi segreti iraniani a confermarlo; d' altro canto la leggerezza con cui l' Europa tratta l' Iran, l' appoggio fornitogli da Russia e Cina, il fatto che le forze militari statunitensi siano già impegnate su due fronti impedisce una reazione fulminante dell' America, che ostenta forza ma per un altro po' di tempo avrà difficoltà ad applicarla contro le truppe di Ahmadinejad. A proposito, è interessante considerare la situazione di Al Sadr, il predicatore iracheno vicino all' Iran che ha a disposizione un esercito di alcune migliaia di uomini, l' esercito del Mahdi, ma che dopo l' applicazione del piano di sicurezza ha tagliato la corda per rifugiarsi dagli Ayatollah. Ora la sua formazione politica ha lasciato il governo iracheno (era ora) e la sua milizia viene colpita ancora più duramente dalla Coalizione. Bene. Risulta invece snervante l' intenzione del parlamento iracheno di fare una pausa estiva di due mesi mentre ci sono da votare leggi importantissime come quella sul petrolio e i vari partiti stanno negoziando, chi più sinceramente chi meno, per arrivare ad una conclusione.
In sintesi, abbiamo sia buone che cattive notizie. Resta l' amarezza, come sempre, che chi ci informa fornisca solo quelle di un certo tipo e il potere che ha di cambiare l' opinione della gente possa influire anche sull' andamento del conflitto. L' Iraq è un paese che oggi combatte per la propria libertà e in caso di successo sarà uno smacco tremendo per l' islamismo violento, oltre che una democrazia e un alleato dell' Occidente piantato in mezzo al Medio Oriente. Ce la può fare? Certo, continuando così ce la farà. In effetti ora più che il combattimento sul campo è da temere il crollo dell' home front e le decisioni che i democratici americani, oggi drammaticamente simili per ottusità e mediocrità alla sinistra europea, possano prendere attraverso il Congresso. Se riuscissero a far passare una legge contenente una tabella dei tempi per il ritiro delle truppe avremmo una situazione davvero pericolosa, con un paese in bilico lasciato nelle mani dei fanatici e degli assassini. Speriamo che un presidente con nulla da perdere, ma comunque con un buon fegato come Bush riesca attraverso i veto e l' azione politica che gli è possibile ad evitare questa eventualità.


Aggiungo alla lista dei siti per farsi una vera idea di quel che succede in Iraq quello di Bill Roggio, giornalista in quel paese che fa un lavoro straordinario e che circa ogni due giorni ci aggiorna su quel che succede:

The Fourth Rail