giovedì, gennaio 11, 2007

Bush: un discorso per vincere

Quello di stanotte è stato uno dei più importanti discorsi che Bush ha fatto nella sua carriera da presidente. Ha ribadito prima di tutto la centralità della guerra in Iraq in quella più grande al terrorismo, ricordando le conseguenze disastrose di una sconfitta, ponendo quindi questo controverso conflitto in un contesto. E' partito dalle elezioni irachene di un anno fa per ammettere che il 2006 è stato dal punto di vista dei grandi risultati un anno sprecato e prendersene tutte le responsabilità, per poi annunciare di aver studiato una nuova strategia. Vediamola. Primo: tutto si concentra attorno a Baghdad. La cosa più preoccupante in Iraq è che la zona più violenta è proprio quella della capitale e perdere la capitale significa perdere il paese. La maggior parte del cambiamento si concentra quindi qui. I 20000 soldati chiesti in più andranno a saturare i quartieri della città, insieme ad un numero consistente di truppe irachene. E saturare significa che le tante truppe in più andranno in città e ripuliranno i quartieri violenti come prima, ma ora i soldati resteranno nei quartieri dopo averli pacificati per impedire un ritorno delle milizie. Le nove zone in cui è divisa la capitale saranno occupate costantemente da soldati iracheni e americani e questo è fondamentale, dal momento che finora molti di questi quartieri sono stati le basi operative dei terroristi. Altra novità importantissima è che ora, almeno a parole, il governo iracheno ha capito che non si può più limitare l' azione militare per motivi o minacce politiche, perciò non si dovrebbero più vedere situazioni in cui i soldati entrano a Sadr city per ripulirla ma i parlamentari di Moqtad Al-Sadr bloccano tutto minacciando di non appoggiare il governo. Bush sottolinea anche di aver chiarificato al primo ministro iracheno che gli americani non saranno sempre lì ad aiutarli e che se non si vedranno presto risultati perderà la fiducia del suo popolo. Gli addestramenti dei soldati iracheni sono velocizzati e tutte le nuove truppe americane saranno inserite in unità dell' esercito locale, tutto questo per passare agli iracheni la responsabilità della propria difesa. Sembra quindi che il presidente voglia - giustamente - usare il potere politico per appoggiare quello militare. Per porre solide basi al miglioramento punta sull' economia e il suo piano è quello di offrire ai giovani iracheni una possibiltà di realizzarsi, di distribuire alla popolazione i profitti sul petrolio, di far spendere al governo dell' Iraq dieci miliardi di dollari dei suoi (sottolinea suoi) fondi per la ricostruzione. Dal punto di vista diplomatico, annuncia l' invio della Rice in giro per il Medio Oriente per invitare i paesi vicini ad appoggiare il governo iracheno; accusa Iran e Siria di aiutare materialmente la violenza in Iraq e dice "interromperemo il flusso di supporto" da questi paesi, con questo probabilmente indica la volontà di colpirli quando agiscono in territorio iracheno.
La fine del discorso fa capire quanto la nuova strategia sia importante. Da qui esce l' idealismo di Bush e la sua visione della guerra al terrorismo come uno scontro tra le forze della luce e quelle dell' oscurità. Dice: "Lo scontro che si svolge in Medio Oriente è più di un conflitto militare. E' la lotta ideologica decisiva dei nostri tempi. Da un lato ci sono coloro che credono nella libertà e moderazione. Dall' altro gli estremisti che ammazzano gli innocenti e hanno dichiarato l' intenzione di distruggere la nostra way of life. Alla lunga, il modo più realistico per proteggere il popolo americano è presentare una alternativa all' ideologia dell' odio del nemico - propugnando la libertà attraverso la regione" e poi "è nell' interesse degli Stati Uniti stare al fianco degli uomini e delle donne che rischiano la loro vita per reclamare la libertà - e aiutarli mentre lavorano per far crescere società giuste nel Medio Oriente". Questo ultimo pezzo è dedicato di sicuro agli americani e contraddice le tesi dei democratici, molti dei quali chiedono un ritiro immediato e insinuano che l' Iraq non valga gli sforzi fatti.

Ecco dunque la strategia di Bush in Iraq. La strategia di un presidente che ha il vantaggio di non dover essere votato e che quindi può permettersi più degli altri. La strategia che potrebbe farlo ricordare come il presidente che fra mille difficoltà è riuscito prima a conquistare l' Iraq e poi a farne una vera democrazia o quello che non è stato in grado di finire il lavoro. Funzionerà? E' quello che avrebbe dovuto fare da molto. Meglio tardi che mai, comunque. Si può poi vedere che la strategia contiene molti punti interessanti e che l' uso della forza è coaudiuvato da azione politica e economia, che le truppe sembrano utilizzate meglio, che vengono loro tolti tutti quei vincoli che non le fanno funzionare bene. Potrebbe, quindi, con la volontà delle forze in causa, funzionare. Noi dobbiamo davvero sperare che funzioni.

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