lunedì, ottobre 30, 2006
Attenti alla Cina
Dal 3 al 5 Novembre a Pechino ci sarà il "Forum per la Cooperazione e l'Amicizia" e gli invitati saranno 48 dei 53 capi di stato africani. Sembra che la Cina si stia allargando preoccupantemente e in cerca di risorse e sempre più sbocchi commerciali porti dalla sua parte gli stati africani, che geopoliticamente non contano molto presi uno per uno, ma insieme pesano e soprattutto possono dare alla Cina quelle risorse naturali di cui ha tanto bisogno. I cinesi non fanno domande (gli occidentali ne fanno poche ma qualcuna si) sulle questioni dei diritti umani dei loro fornitori, perciò sono più che benvenuti fra i tanti dittatori in Africa. Questa mossa non solo è la conferma delle aspirazioni cinesi, ma è segno di una strategia che mira a stabilire l' influenza sulle zone più povere del mondo e nel frattempo creare un asse (che per ora si estende grossomodo a Cina - Venezuela - Cuba - Bertinotti - Bielorussia - Iran) che si contrapponga agli americani, al momento indeboliti, che noi europei da furboni attendisti lasciamo SOLI a fare tutto il lavoro sporco finche lo sporco non ce lo troveremo in soggiorno. Ora bisogna vedere come controbatteranno gli Stati Uniti, ma per questo, la Cina, l' Africa e il nuovo Asse c'è spazio per tanti articoli, ne parleremo quindi presto(scusate per il post corto e scritto in fretta).
venerdì, ottobre 20, 2006
Scuole, moschee, Ucoii e la sinistra
Sulle pagine dei giornali sono figurate negli ultimi giorni due vicende molto attuali che riguardano l'integrazione musulmana qui in Italia: la scuola italo-egiziana a Milano e la moschea dell' Ucoii a Genova. Si possono affrontare i problemi singolarmente, uno per uno. Per esempio, partendo dalla scuola a Milano, già chiusa quand'era al centro islamico di viale Jenner perchè clandestina, spostata in nuova sede e riaperta dagli organizzatori illegalmente perchè senza il via libera delle amministrazioni, poi richiusa dopo le proteste di chi non tollerava quella illegalità; probabilente non si può impedire l' apertura di scuole italo-arabe sul nostro territorio (arabe, non islamiche, attenzione) e forse non sarebbe neanche giusto, ma servono regole ben definite e soprattutto ben applicate per impedire che deviino verso il fondamentalismo e per fare in modo che convoglino i loro alunni verso l'integrazione nella società italiana. Dobbiamo essere noi italiani quelli che si impegnano a formulare e far rispettare queste leggi, pertanto la sicurezza di queste scuole dipende più da noi che da chi le dirige; lo Stato deve sapere bene chi insegna in quelle scuole, cosa insegna e come lo insegna e agire nel caso nel fare questo si vada contro i valori del nostro paese. Bisogna considerare poi che questi istituti andrebbero a togliere studenti dalle scuole islamiche clandestine, che non si fanno problemi a insegnare l' estremismo. Passando al caso della moschea genovese che sarà costruita con l' aiuto e il terreno dei frati francescani (che in cambio avrebbero un capannone per farne un centro cristiano in una zona industriale) , il fatto preoccupante è che l'accordo i frati l' hanno preso con l' Ucoii, quell' Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia che è braccio da noi dei Fratelli Musulmani e che ha equiparato comprando pagine su quotidiani l' attacco di Israele al Libano alla strage di Marzabotto dei nazisti, che si rifiuta di firmare al Ministero dell' Interno la Carta dei Valori e che ha costretto il poco risoluto Amato a convertirla in una Carta destinata non solo alle rappresentanze islamiche ma a tutte le religioni, togliendole ogni efficacia contro il fondamentalismo, che segue l' ideologia estremista degli stessi Fratelli Musulmani. Preoccupa il fatto che siano stati dei francescani a vendere il terreno a questa gente e preoccupa il rapporto fra Chiesa e quell' estremismo islamico non armato ma pervadente e espansionista proprio dell' Ucoii. Anche in questo caso non penso che la soluzione sia vietare le moschee, ma stabilire leggi efficaci che impediscano loro di diventare luoghi di fondamentalismo, come obbligare i sermoni in italiano, dare una specie di "licenza" di imam (come ci ha proposto l' erede di Maometto, il re del Marocco, che ha intelligentemente istituito un corso di laurea per imam, sottraendo questo ruolo religioso agli estremisti), perseguire chi fa discorsi guidati dall' odio e altre; allora le moschee diverrebbero vantaggiose anche pernoi e ridurrebbero il fondamentalismo. Se vogliamo però non prendere i singoli fatti, ma la situazione totale, vediamo che nel nostro paese ma anche in Europa risaltano due problemi. Il primo è la nostra incapacità di fare leggi che affrontino il problema con decisione e soprattutto di farle rispettare: l' integrazione in America ad esempio, che non è esente da problemi, funziona meglio di quella europea grazie alle sue leggi, anzi grazie alla Legge. "It's the law", ti dicono; e la legge non si infrange, non si trova l' inganno e questa mentalità impone anche a chi arriva lì di rispettarla, perchè sanno che dalla legge non si scappa, o si scappa meno che altrove. Il risultato è che il problema degli immigrati musulmani è molto più leggero negli Stati Uniti, dove nelle moschee non si arruolano kamikaze e non si fanno sermoni fondamentalisti. Da prendere esempio. Il secondo problema è il rapporto della classe politica con l' Islam radicale, soprattutto della sinistra: per un perverso gioco, quella sinistra che dovrebbe essere laica si trova per comunanza di odio (verso l' Occidente) a fianco degli estremisti musulmani e così vediamo Rifondazione che prende come europarlamentare (e noi la paghiamo) Dacia Valent, il presidente dell' Ucoii che consiglia prima del 9 Aprile di votare Comunisti Italiani perchè hanno condiviso le loro lotte, le giunte di sinistra fondare moschee a man bassa e tante altre schifezze. Sembrerebbe quasi che a sinistra si sia rimpiazzata Unione Sovietica con Estremismo Islamico, sempre contro lo stesso nemico, sempre contro tutti noi. Sono problemi che l' Europa e la sua classe dirigente devono trattare a breve, senza indecisioni o timori.
mercoledì, ottobre 11, 2006
Il test nordcoreano è un gioco a quattro
I recenti esperimenti nucleari nordcoreani coinvolgono ben di più che una bomba atomica fatta esplodere sotto terra e un regime oppressivo: si svolgono all' interno del dramma della nuova lotta mondiale per il potere. Come un dramma, lo analizziamo dai punti di vista dei suoi attori, Corea del Nord, Cina, Stati Uniti e uno spettatore, l' Iran. La Corea del Nord versa da anni in una situazione disastrosa dal punto di vista economico e umano. Dietro alle grandi parate militari per il presidente semidio Kim Jong Il non c'è che miseria (classico risultato del comunismo, ad ogni modo) per il popolo, tutto quel poco che il paese produce viene destinato alle spese militari tanto che l'esercito, pur in una nazione ridotta alla fame, costituisce ancora una seria minaccia per il ricco e libero Sud. Il dittatore nordcoreano ha molti grattacapi al momento, specialmente uno: la Cina, suo "alleato" scomodo e prepotente, che è in vena d'espansionismo e incombe costantemente sul piccolo vicino, senza aspettare altro che il regime di Kim Jong Il crolli per allargarvi la sua influenza. Qualcuno dice che la Corea abbia lanciato il test nucleare per attirare l' attenzione del mondo, e soprattutto degli Stati Uniti, sul suo paese ed evitare che la Cina silenziosamente ne prenda il controllo; quel che è sicuro è che il test nucleare può essere interpretato come la mossa di un regime che si sente traballante e in pericolo, non come la prova di forza di una grande potenza.
Ora vediamo il tutto da un altro punto di vista. Bisogna capire che la Cina sta studiando da superpotenza e intende cominciare ad esserlo in Asia, dove cerca di soppiantare le interferenze occidentali ed espandere la sua influenza. Per i cinesi la Corea del Nord è una grande occasione, uno stato importante governato da un regime destinato prima o poi al crollo che potrebbe diventare un fedele protettorato ed è ovvio che vogliono giocare la partita per il suo controllo, proprio mentre Stati Uniti, Corea e Giappone vorrebbero liberarsi del suo regime e farne uno stato libero, anzi forse un' unica Corea. La Cina allora gioca a fare l'alleato della Corea del Nord, pur condannandone l' esperimento nucleare e malgrado tifi contro Kim Jong Il, ma prima di tutto cercherà in ogni modo di evitare che siano l' America o i suoi alleati a prendersi cura di Pyongyang e lo farà contrastando sanzioni dell' ONU e azioni militari dei suoi rivali.
Dal punto di vista degli Stati Uniti la situazione è invece più preoccupante. Le forze armate americane sono impegnate in buona parte in Iraq e Afghanistan e ne restano poche per altre crisi; i soldati statunitensi in Corea del Sud dovrebbero bastare, insieme all' esercito locale,migliorato nel tempo, per respingere un' invasione nordcoreana, ma non per attaccare il Nord: nel caso di arrivo di rinforzi l'invasione di terra avrebbe un probabile successo grazie alla superiorità militare americana, ma a carissimo prezzo di vite umane dato che l' esercito di Pyongyang si annida in fortificazioni costruite in 50 anni ed è quindi molto preparato ad un attacco dal sud. L' azione militare è poi sconsigliata, almeno una di scarsa intensità, dal fatto che Kim Jong Il tiene puntati 13000 cannoni su Seul, vicina al confine, dove vive metà della popolazione sudcoreana, capaci di lanciare mezzo milione di bombe sulla capitale in un giorno. La Casa Bianca deve pensare ad evitare che con la Corea del Nord si arrivi a breve alle armi o trovare le forze per un attacco massiccio e nel contempo sottrarre il palcoscenico ed il gioco ai cinesi, sono necessarie quindi nella battaglia diplomatica velocità e determinazione. Il tutto è sicuramente influenzato da come vanno le cose in Iraq, ma è lecito pensare che la situazione in medioriente si risolverà molto dopo un' evoluzione della crisi asiatica.
Resta lo spettatore, l' Iran. Si sa che questo paese è alleato da tempo con Pyongyang e ne condivide le informazioni sulle armi nucleari, quindi dovremmo preoccuparci del fatto che anche Ahmadinejad sia vicino all'arma atomica. Non è difficile immaginare che il test nucleare coreano sia una specie di prova generale a cui l' Iran assiste per capire come potrà reagire la comunità(che di comune ha poco) internazionale quando dimostrerà di avere anch' essa una bomba atomica. Dando per scontata la passività dell' Europa di fronte a certi avvenimenti e i bastoni fra le ruote della decadente Russia e la nascente Cina, la risposta del mondo libero sarà come al solito affidata agli ultimi che si sbattono (passatemi il termine) per difendere gli interessi del mondo libero. C'è da augurarsi che tale risposta sarà decisa e veloce, altrimenti presto anche l' Iran farà il suo test nucleare e la sua minaccia per quel che resta della stabilità mondiale sarà ben peggiore di quella norcoreana.
Ora vediamo il tutto da un altro punto di vista. Bisogna capire che la Cina sta studiando da superpotenza e intende cominciare ad esserlo in Asia, dove cerca di soppiantare le interferenze occidentali ed espandere la sua influenza. Per i cinesi la Corea del Nord è una grande occasione, uno stato importante governato da un regime destinato prima o poi al crollo che potrebbe diventare un fedele protettorato ed è ovvio che vogliono giocare la partita per il suo controllo, proprio mentre Stati Uniti, Corea e Giappone vorrebbero liberarsi del suo regime e farne uno stato libero, anzi forse un' unica Corea. La Cina allora gioca a fare l'alleato della Corea del Nord, pur condannandone l' esperimento nucleare e malgrado tifi contro Kim Jong Il, ma prima di tutto cercherà in ogni modo di evitare che siano l' America o i suoi alleati a prendersi cura di Pyongyang e lo farà contrastando sanzioni dell' ONU e azioni militari dei suoi rivali.
Dal punto di vista degli Stati Uniti la situazione è invece più preoccupante. Le forze armate americane sono impegnate in buona parte in Iraq e Afghanistan e ne restano poche per altre crisi; i soldati statunitensi in Corea del Sud dovrebbero bastare, insieme all' esercito locale,migliorato nel tempo, per respingere un' invasione nordcoreana, ma non per attaccare il Nord: nel caso di arrivo di rinforzi l'invasione di terra avrebbe un probabile successo grazie alla superiorità militare americana, ma a carissimo prezzo di vite umane dato che l' esercito di Pyongyang si annida in fortificazioni costruite in 50 anni ed è quindi molto preparato ad un attacco dal sud. L' azione militare è poi sconsigliata, almeno una di scarsa intensità, dal fatto che Kim Jong Il tiene puntati 13000 cannoni su Seul, vicina al confine, dove vive metà della popolazione sudcoreana, capaci di lanciare mezzo milione di bombe sulla capitale in un giorno. La Casa Bianca deve pensare ad evitare che con la Corea del Nord si arrivi a breve alle armi o trovare le forze per un attacco massiccio e nel contempo sottrarre il palcoscenico ed il gioco ai cinesi, sono necessarie quindi nella battaglia diplomatica velocità e determinazione. Il tutto è sicuramente influenzato da come vanno le cose in Iraq, ma è lecito pensare che la situazione in medioriente si risolverà molto dopo un' evoluzione della crisi asiatica.
Resta lo spettatore, l' Iran. Si sa che questo paese è alleato da tempo con Pyongyang e ne condivide le informazioni sulle armi nucleari, quindi dovremmo preoccuparci del fatto che anche Ahmadinejad sia vicino all'arma atomica. Non è difficile immaginare che il test nucleare coreano sia una specie di prova generale a cui l' Iran assiste per capire come potrà reagire la comunità(che di comune ha poco) internazionale quando dimostrerà di avere anch' essa una bomba atomica. Dando per scontata la passività dell' Europa di fronte a certi avvenimenti e i bastoni fra le ruote della decadente Russia e la nascente Cina, la risposta del mondo libero sarà come al solito affidata agli ultimi che si sbattono (passatemi il termine) per difendere gli interessi del mondo libero. C'è da augurarsi che tale risposta sarà decisa e veloce, altrimenti presto anche l' Iran farà il suo test nucleare e la sua minaccia per quel che resta della stabilità mondiale sarà ben peggiore di quella norcoreana.
domenica, ottobre 01, 2006
La sinistra e le tasse
Nella proposta di finanziaria 2007 il sistema delle tasse è cambiato. Al di là del risultato del bilancio tasse aumentate-tasse diminuite quello che è da considerare è la propensione ideologica della sinistra ad usare le tasse come soluzione immediata ai problemi economici dello Stato. Malgrado in campagna elettorale avessero dichiarato di non aumentare le imposte, puntualmente alla necessità non si sono posti il problema di trovare i soldi necessari in modi alternativi ma hanno pensato direttamente di colpire i "ricchi". Ma quali ricchi? Da qualche giorno, molti italiani si sono svegliati scoprendosi ricchi senza avere un euro di più in tasca, tutto perchè nella definizione anche un po' astiosa della Finanziaria di "ricchi" c'entra gente che non lo è proprio, ma si iscrivono a pieno titolo nella categoria del "ceto medio"(anch'esso tuttavia poco definibile). Sembra che ci sia un odio vecchio di decenni, una voglia di punire "i padroni" proveniente direttamente dal comunismo della rivoluzione proletaria e ciò non si può non constatare quando si vedono i manifesti con su scritto "ANCHE I RICCHI PIANGANO" (frase bruttissima, lo Stato non dovrebbe far piangere nessuno) con rappresentata una nave privata da petrolieri sauditi che nessuno dei nuovi supertassati in realtà può permettersi. Detto questo, sembra naturale che il testo della legge sia stato influenzato fortemente dalla sinistra radicale.
C'è la possibilità che questo provvedimento possa danneggiare il governo dell' Unione, però; è vero che le classi colpite dalla Finanziaria sono già poco affezionate al centrosinistra, ma gli aumenti coinvolgono anche altre voci delle entrate, con rincari dell' ICI e tasse varie aggiunte, senza contare quelle locali: insomma la misura colpirà comunque tutta la popolazione e se il centrodestra sarà abile a sfruttare il malcontento che ne deriva allora potrebbe infliggere un duro colpo alla popolarità del governo.
C'è la possibilità che questo provvedimento possa danneggiare il governo dell' Unione, però; è vero che le classi colpite dalla Finanziaria sono già poco affezionate al centrosinistra, ma gli aumenti coinvolgono anche altre voci delle entrate, con rincari dell' ICI e tasse varie aggiunte, senza contare quelle locali: insomma la misura colpirà comunque tutta la popolazione e se il centrodestra sarà abile a sfruttare il malcontento che ne deriva allora potrebbe infliggere un duro colpo alla popolarità del governo.
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